Quindici anni fa ero un entusiasta teenager, ascoltavo punk rock, avevo i capelli a porcospino, un po’ di brufoli, un sacco di intrallazzi con tante ragazzine e, a differenza dei miei coetanei, avevo le idee chiarissime su cosa volevo, anzi, su cosa ero. La Musica, i concerti, il canto, la scrittura, l’amicizia, la libertà: ecco cosa sarebbe stata la mia vita.
Quando lo dissi a mio padre, lui capì. E’ tra le persone più aperte di mentalità che io conosca; non rise, non provò a deviarmi con discorsi sulla scuola, sul tempo che poi ti cambia, sulle responsabilità. Mi parlò da adulto. Mi disse: “Bene, caro Francesco, se vuoi veramente provare a fare il musicista devi essere sempre consapevole di tre cose” – e, guardandomi fisso negli occhi disse: “la prima è la tua provenienza: sei un ragazzo di una provincia del Veneto e vivi qui. La seconda: sei un ragazzo schietto, ti abbiamo educato al rispetto e all’amore verso la giustizia. La terza: nessun famigliare, amico, conoscente lavora in ambiti musicali o attigui”. Lo ascoltavo attentamente. Continuando, disse frasi molto chiare: “accendi la tv e la radio, guarda, ascolta i canali statali e gli altri canali commerciali. Senti le voci di chi conduce, di chi interviene, di chi esamina? Ascolta le inflessioni dialettali. Noterai una predominanza di accenti molto lontani dalla cadenza veneta, friulana o trentina” – io ascoltavo attentamente, ma non capivo dove voleva arrivare. “Ora rifletti. Se tu vuoi fare il musicista, soprattutto in questo Paese, in linea di massima dovresti piacere e passare attraverso radio e tv nazionali. Mettiamo anche il caso che tu abbia del talento, il che è tutto da vedere, la strada per farsi notare sarebbe comunque così difficile che… Non te lo dico per cattiveria, ma è così: prima di te ci sono coloro che sono più vicini – in ogni senso – a coloro che dirigono le voci che hai ascoltato in radio e tv, e tu per costituzione ne sei troppo lontano”.
Fatto sta che decisi di comporre in inglese sognando di suonare in giro per il mondo. E così ho fatto per svariati anni, togliendomi un po’ di soddisfazioni. Ho vissuto senza prestare attenzione a radio e tv. Mi confortava il fatto che quasi nessuno dei miei artisti preferiti apparisse nei media italiani.
Veniamo al presente. Da quattro anni scrivo e canto musica in italiano per i The Sun; ho scelto di farlo grazie a uno scatto di consapevolezza, una conversione che ho tradotto musicalmente attraverso la mia lingua madre. La strada del punk in inglese mi dava più concerti, più possibilità, ma meno sincerità, meno condivisione con la gente a me più vicina. Che ci volete fare, si cambia… e al Cuore non si comanda.
L’ etichetta discografica dei The Sun da più di due anni è Sony Music / RCA: lo scopo di questa azienda è rendere nota la band attraverso i passaggi sui media per venderne i dischi e trarne profitto. Mi sono avvicinato perciò, in un certo senso, a quel sistema che mio padre quindici anni fa descriveva. Ma, vedete, in questi 15 anni le dinamiche che portano un artista al successo in Italia si sono involute ancora di più. Le grandi case discografiche hanno visto crollare il loro potere d’imposizione mass mediatica (proporzionato al calo vertiginoso e costante da 10 anni dei loro fatturati) e sono state schiacciate artisticamente dalla inarrestabile ascesa dei reality televisivi, che da quattro anni a oggi determinano buona parte del fatturato musicale italiano. Così oggi sono molto più potenti e determinanti i produttori e gli editori televisivi (i politici e gli amici degli amici di questo ambiente) e gli editori di grandi network radiofonici, rispetto ai direttori artistici di piccole e grandi etichette discografiche, le quali sono diventate per lo più stampatrici e distributrici di ciò che propone la TV (e di ciò che vendeva già prima dei reality).
Questo si traduce in un mercato musicale italiano il cui fatturato è determinato per il 90% da due schieramenti: coloro che prima del 2007 erano GIA’ assai noti (i vari Vasco, Lorenzo, Liga, Pausini, Ferro, Cremonini, Antonacci, per intenderci) e dai partecipanti ai reality che salgono e scendono (Amoroso, Mengoni, Emma, Noemi, Scanu, Carta ecc.).
L’unico caso di enorme successo che esula da questi due filoni sono i Modà (che si sono fatti un mazzo per anni e va detto), la cui ascesa mass mediatica è però squisitamente connessa ad una operazione di grandi poteri dell’editoria radiofonica italiana.
Sia chiaro che NON sto entrando nel merito dei talenti e della qualità delle opere artistiche.
Nel frattempo io faccio sì il cantante e il compositore (e mi ritengo tra le perosne più fortunate del mondo perchè sono felice), ma rimango un ragazzo di provincia che vive lontano dai centri che contano (Roma e Milano in primis); sono rimasto schietto e ancorato ai miei valori, ho tanti amici straordinari che lavorano nel settore musicale ma, chissà perché, quasi nessuno fa parte di grandi gruppi di potere mediatico.
Sia nel 2010 sia nel 2011 i nostri responsabili in Sony Music hanno proposto ai The Sun di provare a partecipare a Sanremo, nella categoria giovani. Nonostante non avessi mai seguito Sanremo, mi piaceva l’idea di poter usufruire di quella visibilità per far conoscere la band ad un pubblico più vasto, portando così il nostro messaggio a molte persone.
In entrambe le edizioni di Sanremo 2010 e 2011 siamo stati selezionati per prendere parte alla giornata dell’audizione. Per iscriversi era richiesto un videoclip della canzone proposta – una regola che già discrimina chi può fare videoclip alla “Signore degli Anelli” da coloro che non hanno tali possibilità. Dei 1000 iscritti, i 60 artisti ritenuti più “interessanti” venivano chiamati a Roma presso gli studi della Rai per eseguire una performance musicale “voce su base”. Così, sia per l’edizione di Sanremo 2010, sia per l’edizione di Sanremo 2011 i The Sun sono stati scelti tra i 1000 per essere successivamente selezionati tra i 60. Ci siamo trovati a dover prendere parte a quella pagliacciata che consisteva nell’andare a Roma e cantare di fronte a una giuria “tecnica” (cantare, non suonare, perchè era una audizione con voce su base!).
Convocazione alle 9 di mattina, ma se non hai santi in paradiso poi ti esibisci alle 14, o alle 19 e stai in un corridoio per dieci ore con gli altri artisti più o meno “fortunati” di te (molti sono accompagnati da manager, politici, famigliari, amici di amici (anche di Amici!)). Prevale una sensazione di ansia generale, ritardi chilometrici, responsabili dell’audizione che ti parlano con sufficienza.
Del 2010 ricordo che mentre cantavo Mazzi si alzava, parlava al telefono, la Clerici nemmeno era venuta ad ascoltare le audizioni. Del 2011 l’unica cosa buona che segnalo è stata la gentilezza di Gianni Morandi, il quale, pur guardandomi con quello sguardo di chi sa che sei lì a perdere tempo, ha cercato almeno di farci passare bene quei 10 minuti.
Avete presente la dignità? Ecco, in quelle due occasioni ho sentito di averne persa un po’.
Sarà stata la nostra biografia troppo lunga da leggere, i testi delle canzoni, la mia R moscia o il non aver preso parte a nessun reality, fatto sta che tra i 9 selezionati del 2010 e gli 8 del 2011 noi non c’eravamo. Pace 🙂 Avevamo pubblicato più dischi e fatto più esibizioni live di quasi tutti gli altri partecipanti messi assieme ma questo, giustamente, non basta per determinare la qualità di una proposta artistica. Comunque, con il senno di poi, ci siamo resi conto che sarebbe stata una mezza disgrazia partecipare a una di quelle edizioni così trash e avvilenti per i giovani in gara (di cui alcuni veramente talentuosi!). Grazie a Dio fummo esclusi; e il 2010 il 2011 si sono rivelati anni stupendi per la band.
Quelle due esperienze, le facce che ho visto, le emozioni che ho provato, i discorsi che ho ascoltato in quell’ambiente, mi hanno fatto ripiombare al tempo delle parole di mio padre. “Niente nella musica in Italia succede a caso“. E così in questi giorni sanremesi, a causa della febbre, ho seguito il festival notando dettagli che denotano la presenza di una predestinazione delle cose.
Quando ho letto gli otto nomi dei partecipanti alla categoria giovani ho scritto ad amici e conoscenti che Alessandro Casillo avrebbe vinto e che Erica Mou, nonostante avesse la canzone migliore, si sarebbe piazzata seconda con il premio della critica. In una gara tra talenti, dove a determinare un podio sono più votanti composti da pubblico, giornalisti e orchestra, non è possibile che le cose siano così tanto prevedibili se non quando la gara è già realizzata per essere una farsa.
Mi suonava strano però che gli organizzatori del festival durante le serate avessero avuto la sfacciataggine di far esibire in entrambe le occasioni il piccolo Casillo per primo, in orari ben più favorevoli rispetto agli altri partecipanti. Ma … poi ho ricordato che nessun potente della musica avrebbe protestato, la torta si spartisce a giro. Un anno tocca a uno, un anno all’altro. Cane non mangia cane.
Per rendere un po’ più consapevoli i telespettatori che stanno leggendo, condivido alcune semplici informazioni che chiunque può trovare, a sostegno del fatto che spesso (non sempre) il successo musicale si determina con fattori prevalentemente non musicali.
Il vincitore, Alessandro Casillo (verso la cui persona provo solo affetto, come verso qualsiasi altra persona), non scrive nulla di ciò che interpreta ed è nelle mani di… rullo di tamburi: Gabriele Parisi – che guarda un po’ è il manager storico di Laura Pausini– e Roberto Cenci, il quale è noto per aver creato e diretto svariati programmi televisivi di successo tra cui: BUONA DOMENICA e AMICI. Alessandro ha partecipato al programma Io canto di Mediaset, potendo contare su una notorietà che lo pone già in una posizione assai discriminante rispetto a quella degli altri concorrenti in gara. Serve dire altro? Mah, se aggiungo chela casa di produzione che segue Casillo, oltre alla Gabriele Parisi Management S.r.l., è la RTI S.p.a., società che gestisce le licenze televisive del gruppo Mediaset, vi basta per avere chiaro il quadretto? Mi dite chi potrebbe interferire con le volontà di questi signori?
Aggiungiamoci il fatto che la Rai ha bisogno degli introiti del televoto per far quadrare i conti e che questo meccanismo è utilizzatissimo dai tele-spenditori di programmi come Amici (o Io canto): diventa evidente il motivo per cui nelle ultime 4 edizioni di Sanremo abbiano vinto 3 volte artisti di “Amici” nella sezione big (!!!) e 2 volte artisti di “X factor” e “Io canto” nella sezione giovani (!!!).
Qualcuno mi dica, perciò, che ci stanno a fare gli altri artisti in gara. Potremmo semplicemente metterli lì a cantare, senza il vezzo di dover fare una competizione. Si sa chi è il re ed è lui a portare la corona, evitiamoci perciò la sceneggiata e godiamoci senza ansie le canzoni, facciamoci trasportare dalle emozioni e fermiamoci lì 🙂
Mercoledì scorso ho provato compassione per la brava Giordana Angi quando ho visto che era lei la prescelta per fare il fantoccio nel primo “duello” con Casillo. Giordana Angi era l’unica artista in gara senza etichetta discografica, ma con una ottima canzone e una ottima voce. Lei è uno specchio di questo Paese: aveva una canzone migliore della controparte, ma non aveva il potere per farla riconoscere da chi avrebbe dovuto premiarla. Giordana si sarà fatta i suoi conti scegliendo di non denunciare le disparità che impedivano lo svolgimento di una gara equa tra lei e Casillo. Come tutti, ha fatto la sua scelta. In questo Paese però fare buon viso a cattivo gioco spesso non è una scelta, è l’unico modo per lavorare.
Mi è poi balzato all’occhio questo fatto: ho girato l’Italia in lungo e in largo, da suonatore e da ascoltatore. In Veneto c’è un’altissima concentrazione di musicisti e di proposte di talento, un numero veramente ampio (e tutti gli addetti ai lavori dalla Sicilia alla Valle d’Aosta ne sono testimoni).
Bene è interessante notare che nelle ultime tre edizioni di Sanremo – categoria giovani (2010, 2011, 2012), con oltre 3000 iscritti da tutta Italia:
-Un terzo dei prescelti è di Roma e limitrofi.
-Due terzi dei prescelti è del centro sud.
-Nessun prescelto è veneto.
Papà… mi tocca darti ragione. Ma sai che sono una testa dura e penso che le cose miglioreranno grazie ai tanti giovani che con cuore e talento si stanno facendo sentire sempre di più anche a quei livelli.